San Germano durante l'assedio di Vercelli del 1617
Nel 1616 l'esercito Spagnolo comandato da Don Pedro di
Toledo passa la Sesia ed entra nel vercellese , ingaggia battaglia col
Duca di Savoia a ; Motta dei Conti , Villata , San Germano e Lucedio , i
piemontesi comandati dal giovane Vittorio Amedeo stanno attendendo le
truppe Francesi comandate da François de Bonne de Lesdiguières
Maresciallo di Francia che alla testa di 7000 uomini. Quando la
situazione dei ducali si aggrava, lo stesso Lesdiguiéres, malgrado la
sua rispettabile età (ha superato la settantina), non esita a fare, a
varie riprese, il viaggio fino a Torino: é in Italia nel giugno 1616,
per concertare l'impiego dei reggimenti provenzali, vi torna nel
dicembre dello stesso anno, dopo la caduta di S. Germano Vercellese,
alla testa di un forte nerbo di armati per raddrizzare le sorti sabaude. Coll’ aiuto di Giacomo, curato di Stroppiana, e di alcuni altri, il marchese di Caluso che era stato fatto prigioniero alla Villata potè fuggire da Milano e presentarsi ' negli alloggiamenti del duca, il quale gli affidò l' incarico di far dieci compagnie di fanteria ed una di cavalleria, e correre alla difesa di Vercelli; gli diede a compagno il capitano Evangelista Perugino, e raccolse entro la città denaro in buon dato , quattrocento carri di vino e mille ottocento sacchi di grano. Nel giorno 28 maggio (domenica) di buon mattino giunse in città un nuovo soccorso spedito dal Duca e guidato dal vercellese Gioanni Michele Tosetto. Fra i capitani più distinti che quel corpo comandavano, annoveravansi il Barone di Gueynè , il conte Sanfront, ed il colonnello di Bresso; componevasi di mille e duecento pedoni e di dugento cavalli, trai quali erano le schiere dello Scalenghe, del Virle e del cavaliere Varas, non che molti ufficiali del presidio di Vercelli che allora si trovavano al campo di Santhià, dove era il Duca. L' aver potuto passare vicino a San Germano dove stava grosso nerbo di Spagnuoli capitanati da Tommaso Caracciolo senza essere scoperti, fu cosa certamente meravigliosa; e degno poi di maggior stupore si’fu il non essere stati assalitì da don Andreas De Alarqon y Mendosa che era già stato avvertito dalle sentinelle. Montò sulle furie il generalissimo dell‘armata spagnuola quando seppe l’accaduto, e minacciò di far decapitare il De Alarcon. Appena il Caluso pose piede in Vercelli, ordinò la costruzione di due bastioni alla cittadella e di uno a Sant’Andrea; opere necessarissime perché l’occupazione già fatta dagli Spagnuoli di San Germano , poneva la città in grave imbarazzo. Continue scorrerie facevano i soldati del Caluso, si per proteggere i lavori avanzati che venivano eseguiti per difendere la città, si per raccogliere vettovaglie, di cui si temeva il disagio, come per la perdita dei mulini esterni, i quali erano caduti in mano ai nemici, alla mancanza di cui mal potevasi sopperire con mulini a cavallo che vennero in men che non si dice costruiti entro la città. Gli assediatori trovavansi in prospera condizione: essi tenevano San Germano , Tricerro, Desana, Stroppiana, Caresana, Legnana e Quinto, per cui cingevano quasi con cerchia insormontabile Vercelli. Oltre alle molte milizie che il Toledo aveva sotto i suoi ordini, egli disponeva di quattro cannoni di campagna che seguivano l’ esercito, di sedici pezzi cavati da Pavia, e di altri diciassette tolti da Novara e dal forte di Sandoval; somma enorme d’ artiglieria in quel secolo. Eppure, in vista di tutto l’escrcito, Carlo Emanuele potè introdurre nella città fin dai primi giorni dell’assedio cinquecento fanti e tre compagnie di cavalli con qualche sacco di polvere. Costituivauo questi soldati i reggimenti del Masiera, del Culieres, del Bavigliano e del Bivoira, che non si disdegnarono, cosi uno storico, entrati che furono, e v’ entrarono senza contrasto Il 19 e 20 giugno; la batteria Spagnola batte in ogni luogo, quindi si ordina nell’ Ospedale il traslocamenlo degl’ infermi. Dalla cronaca dell'epoca Dall’archivio dello stesso Ospedale. 1617. (libro pe' conti Carte 1M) " Sacchi 20 risone ” consumato parte per dare alli cavalli de’ soldati alloggiati nell’ospedale, parte alli porci e bovi nel tempo dell’assedio, e parte che andò a male per essere restato nella camera, che ha buttato abbasso l’artiglieria de’ Spagnuoli. Alla privazione delle polveri , ora s'aggiunge anche quella del cibo , per questo bisognava allontanare il giorno della fame per quanto possibile. Noi partiremo colla maggior parte delle donne e dei fanciulli; ci rifuggiremo a Santhià ed a San Germano: nel troveremo un tetto che ci alberghi ed un tozzo di pane. Non arrossiremo in mendicando, perchè ci ricorderemo che con quella umiliazione noi prolunghiamò la difesa della patria. È questo un costume ordinario nelle città assediate; e se io imssedessi l’ eloquenza del figlio del mio padrone, il signor Aurelio Corbellini (sangermanese ) , vi racconterei di, molte città che ricorsero a questo spediente per salvarsi. Non possiamo resistere alla tentazione di offrire , al Ieggitore un brano di questa eloquenza del nostro compaesano Aurelio Corbellini; serva a dar giudizio della letteratura di quel secolo. " Giunta la notte credevasi che l’ armata s’ allestisse pel giorno seguente e trattossi di mandar fuori le bocche disutili, come i Platesi, aspettando l’ assedio de’ Macedoni, mandarono in Atene i fanciulli, i. vecchi e ledonne. Bellisario assediato in Roma dei Goti " Dopo un assedio di sessantaquattro giorni e una strenua resistenza da parte dei piemontesi , il 26 luglio 1617 la città si arrende , e viene trattata la resa. Uscita dei Piemontesi da Vercelli La partenza della guarnigione era fissata. per le ore venti. Fuori di porta Torino stava schierato in battaglia l’intero esercito spagnuolo, la fanteria da una parte e la cavalleria dall’ altra. I tamburi battevano alla distesa, le trombe squil-lavano, sventolavano le bandiere, e le armi erano presentate in segno di onoranza. Precedeva un’ avanguardia di fanteria francese della forza di mille e cinquecento uomini; a questa teneva dietro un corpo di fanteria alla sfilata di duecento soldati, quindi i Vallesani scortauti l'artiglieria nel numero di trecentocinquauta; in seguito la Stato Maggiore col Governatore in testa e la sua famiglia; di poi i Piemontesi che in numero di quattrocento cinquanta servivano di retroguardia all’artiglieria; a questi susseguivano una avanguardia di Cavalleria di duecento quaranta cavalli, la. retroguardia della stess’ arma di cento quarantacinque cavalli, alcuni carri sui quali stavano centoquaranta feriti ed infine cinquanta soldati feriti alla sfilata, in tutto erano tremila e settantacinque uomini. Ecco in che consi-. steva quellaguarnigione a domar la quale erano abbisognati,sessantaquattro giorni e trentamila soldati. Ma questa guarnigione era stata rinforzata, moltiplicata dai cittadini. Molti di questi seguivano le sorti dell'esercito quale sui carri e quale a piedi, anteponeudo alle care memorie della patria e del sangue l’inestimabile conservazione della libertà. . La direzione era verso San Germano e Santhià. L'occupazione spagnola della città ha comunque breve durata . In esecuzione degli accordi di pace di Parigi del 6 settembre 1617 e di Pavia del 9 ottobre 1617 , il 15 giugno 1618 gli spagnoli si ritirano da Vercelli . |
Valore e sventura episodio storico della gloriosa difesa di Vercelli contro le armi di Spagna nel 1617 narrato da Costanzo Ferrari - 1852 |
Dalle cronache dell'epoca
Non ancora affatto serrate le ferite, partì il Montenero da Monaco per Novara, ove trovò il marchese di Villafranca, e fu ricevuto da lui con estraordinarie carezze, e dimostrazioni di somma estimazione, dolendosi seco del mal successo di D. Sancho di Luna, castellano di Milano avvenuto pochi di prima, e dopo avergli dato particolar conto dello stato della guerra, venne, tre di dopo il suo arrivo, avviso da Tomaso Caracciolo, governatore di s. Germano che quel luogo si trovava affatto privo di munizioni di vivere, e che era impossibile sostentarsi più di due o tre giorni: poichè li principi Vittorio e Tomaso tenevano con poderoso esercito serrati tutti i passi con forti e trincere. All'aprire della lettera si trovarono presenti il cardinal s. Eusebio, il principe d'Ascoli, il marchese di Caravaggio, il Montenero, ed il Villafranca, afflitto di caso così disperato, comandò che ciascuno dicesse il suo parere. Ascoli che fu il primo, con lungo discorso impossibilitò il sostento di quella piazza, e che perciò si doveva abbandonare, e di notte ritirare la guarnizione di essa, il meglio che fosse possibile; al che concorsero tutti gli altri. Ma il Montenero che aveva taciuto, e stato ascoltando (come uomo venuto di nuovo) si oppose vivamente e disse, che di nessun modo per ragioni gravissime conveniva abbandonare s. Germano, e che si potevano torre cinquecento cavalli eletti, e mandargli con sacchi di farina alle groppe, che assaltando essi le guardie con risoluzione, ed all'improvviso .Ciò e , mostrò impossibile.era possibile aprirsi cammino ed arrivare ad una porta, o al fosso, e lasciarvi detti sacchi, e poi subito ritirarsi per l'istesso cammino, o se fossero stretti, spargersi per dove potessero. Il cardinale fu il primo che giudicò per ottimo il parere del Caraffa, l'istesso fecero gli altri, ed il Toledo diede ordine che si eseguisse subito: il che riuscì così felicemente, che li cinquecento cavalli ruppero i Savojardi nel cammino e munizionarono il luogo per venti giorni. Allegro il Villafranca del successo, disse al Montenero che, per levarsi da cura così noiosa, voleva unire il maggior numero che potesse di cavalleria e fanteria, e procurare di porre dentro di s. Germano trecento carri di monizione, al che si oppose totalmente il Montenero; dicendo che il duca di Savoja e la Dighiera avevano già preso s. Damiano, e si trovavano con quella parte dell'esercito liberi, e che se disperassero (con il soccorso che si pensava fare ) la presa di s. Germano, levariano l'assedio, e uniriano i due campi, i quali erano più di venticinque mila fanti, e quattromila cavalli, e che aspirando a cose grandi, pigliariano Valenzia in quattro giorni, passo importantissimo del Po, e assediariano poi Alessandria e Novara, piazze più importanti che forti ; le quali, per la debolezza dell'esercito presente, non l'avriano potute soccorrere, senza manifesto pericolo di perdere, con ogni sinistro successo, tutto lo Stato, e che s. Germano era di qualità che non conveniva soccorrerlo, se non con piccole forze acciò i nemici si ostinassero nell'assedio, con speranza di farsene signori dì per dì , e che il primo ingannato aveva ad essere il governatore, acciò scrivesse lettere disperate, che intercette alcune da principi facean al caso, come anco i soldati che fuggivano, cacciati dalla fame, aumentando la miseria del luo
go, e che, poichè era d'inverno con nevi, ed acque grandi, era anche impossibile che le guardie fatte da Francesi, non vassalli di Savoja, mal vestiti, mal pagati, e di natura impazientissima alle fatiche, fosse inaccessibile a pe netrar per passi inusitati, fatti di nuovo da picciole scolte, e dai sfrosatori, a quali si averia possuto pagare dieci scudi e più il sacco del grano, posto in s. Germano, che con questo si saria sostentato, ed il duca di Savoia e la Dighiera con l'esercito diviso, non avrian possuto tentare sopra lo Stato di Milano, cosa importante, e se gli sarian disfatti ambedue, mentre quello del re stava alloggiato, e con comodità rifacendosi, e si dava tempo ai soccorsi di Napoli e di Fiandra: il che approvato con infinito gusto dal Toledo, così si eseguì, senza che fosse mai penetrato da nessuno la finezza del segreto; onde restarono i principi risoluti e pieni di speranze nell'assedio di s. Germano, e s'incamminarono il duca di Savoja e la Dighiera ad Alba, città del Monferrato, debole, sebben grande, alla quale benchè mandati dal Toledo per mezzo i quartieri nemici duecento fanti con munizioni da guerra, ed esso camminava con il soccorso, si rese intempestivamente, restando il duca di Mantova poco soddisfatto del governatore, avendo cinquecento Alemanni del re che stavano in essa, combattuto egregiamente. Fu poi l'istesso esercito a Montiglio, luogo aperto, il qual si rese subito che, come i Monferrini sono inclinatissimi ai Savojardi, non solo non davano al Toledo luogo per il soccorso, però nè anco da unir le sue forze. E stando alloggiati il marchese di Mortara, e D. Gonzalo de Cordova nella rocca del Tanaro, luogo debolissimo, e mal riparato d'alcune piccole trinciere, con circa mille fanti spagnoli, furono assaliti allo spuntar dell'alba da quattromila Savojardi, però si difesero ottimamente, segnalandosi il capitano Gaspare di Sosa portoghese, ed arrivato il Toledo con soccorso di fanteria e cavalleria furono piccando il nemico alla retroguardia, e fece poi ritirar detto quartiero, come esposto a manifesto pericolo. Già l' esercito francese, e il savojardo erano in malo stato con i travagli e freddi dell'inverno, che solo nella campagna di s. Germano ne seppellirono sei mila morti d'infermità, senza i fuggiti che furono molti, i quali con denari per il cammino e passaporto del Toledo, se ne andarono dispersi in differenti parti, e la Dighiera fu forzato a ritornare nel Delfinato, per rimettere le sue genti, e li principi di Savoja ritirarsi dall'assedio di s. Germano.
Il re in tale stato delle cose comandò al principe di Ascoli che venisse in Spagna, e D. Pietro di Toledo dichiarò il marchese di Montenero per maestro di campo generale dell'esercito, il quale fece subito seco istanza grande, che non si perdesse così buona congiuntura, ma che si fosse ad attaccare Vercelli , piazza di grande stima, la più importante dello Stato del duca di Savoja, e la chiave di Milano. Parse impresa grande e troppo difficile, particolarmente per non essere ancora arrivati i soccorsi di Napoli e di Fiandra, onde s'inclinava il Toledo ad altri più facili e di molto meno importanza, che proponevano altri consiglieri. Però il Montenero seguito da Gio. Bravo , stette sempre fermo nella sua opinione, e che si doveva tentare l'impresa maggiore, mentre il nemico era debole e disfatto, e ricuperare la riputazione tanto scemata delle armi spagnole, e chiarire il mondo, essere stato causa delle sue debilità il mal governo dei capi, non le poche forze, o il poco valore per qualsivoglia risoluzione. Andò il Toledo a Pontestura, ove comandò al Montenero di far fare un ponte di barche sopra il Pò, e di giuntare l'esercito, il che egli eseguì con somma diligenza.
A venti di maggio passò tutta l'infanteria ed ottocento cavalli, i quali andarono ad alloggiare con il Montenero a Moran, ed il Toledo a Trin: alli 21 passò il resto della cavalleria con D. Alonso Pimentel, e unito tutto l' esercito si acquartierò a Ronsecco, ove fece alto un dì, perchè il conte Taverna che aveva a carico la provvisione de viveri, non compì alle promesse fatte, e già mancava all'infanteria il pane di monizione; il che dando gran pena al Toledo, diede ordine al Montenero che andasse con duecento cavalli di scolta a Trino ad abboccarsi con il Taverna, e procurasse espedienti a così gran disordine : il chè eseguì con esso e gli uomini di Trino in forma tale, che abbondantemente il di 3. arrivò l' esercito a Beancino, così a buon ora che si condusse a s. Germano quantità di grano e di farina, ed il Toledo determinò finalmente l' assedio di Vercelli, e alli 24 di maggio comandò al maestro di campo generale disponesse l'impresa e v'incamminasse l'esercito, ed egli che fossero seicento cavalli (che conducesse a suo carico il custode commissario generale della cavalleria) a tagliar fuori il bestiame, ed al maestro di campo Giovanni Bravo, che con uno squadrone volante di duemila fanti fosse a dargli calore, mandando dietro il resto dell'esercito a pigliare i posti, il quale con il calore dello scaramucciare conosciuti dal Montenero, come anco molto dappresso, con valore ed occhio da soldato lo stato della città, fece ritirar la cavalleria con la preda ed alcuni prigioni, e fu a dar relazione al Toledo della disposizione del sito, il quale fu anco da esso considerato con molta diligenza e senza risparmio della sua persona: e si disposero i quartieri degli Alemanni tra la Sesia ed il Cervio. Seguiano poi i Spagnoli, e gl' Italiani, ed il quartiero della artiglieria guardato da essi colla cavalleria alle spalle della infanteria, circondato da fosse ed una roggia profonda , ed all'istante si fortificarono anche tutti i quartieri con trinciere, così per parte della campagna come della città.
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